© Simone Di Luca

MAJANO – Quest’anno le condizioni meteo hanno veramente ostacolato gli spettacoli e i concerti all’aperto. Tanti gli eventi annullati, molti quelli iniziati dopo ore di interminabili attese che smettesse di piovere oppure spettacoli in cui ci si godeva solo in parte la serata in quanto gli occhi erano sempre rivolti al cielo.
E poi ci sono stati i concerti posticipati all’ultimo momento come lo è stato quello di Calcutta a Majano, riprogrammato per la settimana successiva.
Considerando il cambio di programma, l’artista laziale è stato il terzo dei quattro nomi saggiamente scelti dall’organizazione professionale di Azalea per questo mini festival andato in scena presso la 59° edizione della rassegna enogastronomica e culturale della cittadina friulana (gli artisti inseriti in cartellone sono stati The Darkness, Jethro Tull e i Pink Sonic che chiuderanno la rassegna il 10 agosto).Ma veniamo al concerto, questo spettacolo che tanto è stato atteso, un vero evento che ha avuto come protagonista Calcutta, autentico fenomeno della scena indipendente di casa nostra che ha fatto breccia sia nei cuori del pubblico che della critica.
Ma chi è questo Calcutta il cui nome d’arte stona per essere un musicista? Chi è questo ragazzo che veste una felpa, porta la barba e indossa un cappellino sopra la zazzera, e che potrebbe ricordare di più il garzone dell’ortofrutta sotto casa, ma in realtà scuote sentimenti e sensazioni con le sue canzoni?
Edoardo D’Erme, questo il suo nome all’anagrafe di Latina dal 1989, inizia la sua storia sette anni fa debuttando con Forse… che cattura l’attenzione e pone le basi di quello che sarà il riconoscimento del pubblico giovane, e non solo, come si è potuto vedere al concerto di Majano.
Poi nel 2015 arriva Mainstream, secondo capitolo con il quale il nostro irrompe in tutti i circuiti con il singolo Oroscopo, una piacevole suite notturna come piace a me definirla.
Tutte le sue canzoni le sento notturne, perché le trovo perfette per essere ascoltate di notte, quando a casa ci si lascia andare senza pericolo alcuno di venir disturbati. Calcutta sorprende, affascina e intriga come tutta la nuova scena italiana dei cantautori, generazione di artisti che ai più anziani e puritani non riesce ad andare giù, anche se non vedo spiragli possibili per fare paragoni e tirare le somme.
Calcutta è un artista giovane e come tale si esprime e si rivolge al pubblico. Spiazzante è il potere evocativo delle sue melodie capaci di creare situazioni perfettamente nitide alla mente dell’ascoltatore, dove malinconia e romanticismo presenti nei testi propongono situazioni di vita in contesti urbani o di periferia che mi rimandano ad alcune desolazioni rappresentate nel film L’amico di famiglia di Sorrentino.


© Simone Di Luca
Gli undici musicisti saliti sul palco mi sembrano tanti per una serata così (senza contare i tecnici audio, luci e video che hanno allestito e gestito uno spettacolo davvero interessante), ma penso che la produzione abbia fiducia in questo nome e di conseguenza metta a disposizione una buona squadra, che forse è meglio chiamare team in riferimento al collettivo del cartone animato di Holly e Benji, serie omaggiata da Calcutta e la sua band indossando la maglia della New Team, squadra protagonista delle imprese del noto manga.
La scelta dei brani ovviamente include tutte le hit di maggior successo, ma c’è spazio anche per altri brani meno noti come Hubner (da Evergreen del 2018), dedicato al gran calciatore muggesano di metà anni ’90.
Ed a me, che sono della sua stessa zona, sembra veramente strano che il campanilismo di queste parti non abbia mai portato alla luce la storia di questa pregiata dedica.
C’è ancora della strada da fare per Calcutta, ma le basi sono buone e le collaborazioni con i colleghi più anziani (Elisa e Jovanotti), hanno già fatto capire che tutta la scena musicale italiana si è accorta di lui e del suo potenziale.

Cristiano Pellizzaro per Radio City Trieste

Foto di Simone Di Luca