In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
PALLACANESTRO BRESCIA – PALLACANESTRO TRIESTE: 89-77
Pallacanestro Brescia: Bilan 25, Ferrero, Dowe 12, Della Valle 5, Ndour 10, Burnell 14, Tonelli, Ivanovic 10, Mobio 4, Rivers 7, Cournooh 2, Pollini.
Allenatore: P. Poeta. Assistenti: M. Cotelli, G. Alberti, D. Moss.
Pallacanestro Trieste: Obljubech, Ross 4, Kelley 12, Deangeli (k), Uthoff 9, Ruzzier, Campogrande, Candussi 9, Brown 14, Brooks 8, Johnson 16, Valentine 5.
Allenatore: J. Christian. Assistenti: F. Taccetti, F. Nanni, N. Schlitzer.
Progressivi: 25-22 / 52-40 // 68-51 / 89-77
Parziali: 25-22 / 27-18 // 16-11 / 21-26
Arbitri: Paternicò, Bettini, Lucotti.
BRESCIA – Trieste perde l’imbattibilità in trasferta nei playoff che durava da sei partite consecutive, e lo fa principalmente per essere mancata proprio nell’aspetto che l’anno scorso le aveva permesso di compiere quasi un percorso netto nella post season: il salto di mentalità, di approccio, di intensità, di accanimento nell’aggredire non solo la partita ma ogni singolo possesso, ben oltre le buone esecuzioni del piano partita dal punto di vista strettamente tecnico e tattico.
Brescia, dal canto suo, da questo punto di vista è un manuale di upgrade agonistico per tutti e 40 minuti, e tanto basta per travolgere una Trieste apparsa battuta dopo cinque minuti di gioco, non tanto per gap incolmabili almeno fino a metà terzo quarto, quanto per una inerzia che non transita letteralmente mai nelle sue mani.
Il tutto, naturalmente, al netto della attuale superiorità e degli evidenti meriti tecnici di Brescia, dotata di talento e tanta tanta qualità già in partenza, e di una condizione atletica perlomeno approssimativa da parte del rientrante Valentine e probabilmente di un Ruzzier che presenta evidenti fasciature alla spalla infortunata.
Poi, naturalmente, c’è anche la delicata partita a scacchi, con la squadra di Christian che paga oltremisura gli aggiustamenti indispensabili per inserire nelle rotazioni Kylor Kelley, spostando il baricentro della squadra nettamente verso i lunghi, un tipo di pallacanestro che però è distante anni luce da quella proposta durante gran parte della stagione regolare.
A dire il vero, alla fine, se ci si limita a guardare il tabellino è una scelta che paga: Johnson è il migliore in campo per i suoi, con l’ennesima doppia doppia sfiorata e tanta, tantissima grinta che lo porta a sportellare con chiunque sui due lati del campo.
Il coraggio a questo ragazzo non manca di certo, una riflessione su una sua riconferma, magari da secondo lungo per la prossima stagione, potrebbe non essere una cattiva idea.Anche Kelley raccoglie un buon bottino di punti, oltretutto senza errori dal campo, anche se la sua prestazione appare più accademica rispetto a quella del compagno di reparto, sebbene sfoderi anche una inaspettata precisione da oltre l’arco (due su due da tre per lui), così come un Francesco Candussi che dà il meglio di sé quando si trova ad almeno cinque metri dal ferro.
Ma, a ben guardare, è un riassestamento che semplicemente sposta sui lunghi gran parte della produzione offensiva, senza peraltro ottenere, nemmeno lontanamente, il risultato principale: Miro Bilan li porta allegramente entrambi al bar tutti e tre, e possiamo star qui anche tutta la sera a lamentarci su quanto sia vetusto ed obsoleto un gioco alto-basso che preveda il pivot ricevere palla all’altezza del pettine spalle a canestro, palleggiare per dodici secondi spingendosi a colpi di sedere verso il ferro e, giunto a pochi centimetri dal bersaglio, esibirsi nel classico gancetto di tabella: il croato ne mette 25 in 24 minuti con percentuali da cecchino, si rivela un rebus irrisolvibile ed infatti irrisolto per la difesa triestina che nei rari casi in cui riesce a contrastarne la conclusione, viene sistematicamente gabbata dallo scarico nell’angolo, suo atavico punto debole difensivo, o dall’assist al compagno che taglia dal lato debole.
Aggiungiamo il fatto che il vantaggio strategico in termini fisici, di centimetri e chilogrammi che Trieste può vantare non viene capitalizzato con un adeguato incremento di conclusioni da sotto canestro: Brescia tenta 51 tiri da due (tirando con il 63%), Trieste solo 30, continuando peraltro a sparacchiare da lontano per ben 30 volte in una serata in cui la percentuale da 3 è risistemata solo negli ultimi minuti a partita finita, ma fin lì piuttosto deficitaria.
Perchè è vero che Bilan e Burnell trovano conclusioni anche ad elevato coefficiente di difficoltà rivelandosi a tratti immarcabili, ma è anche vero che i biancorossi falliscano quasi completamente la prestazione offensiva, cercando troppi tiri in isolamento, o improvvisati, o mettendo il pallone nelle mani sbagliate, nella zona sbagliata, con il timing sbagliato o, semplicemente, nemmeno arrivando a tirare.
Trieste soccombe nettamente anche nella lotta a rimbalzo, catturandone 5 in meno degli avversari ma, soprattutto, concedendone addirittura 14 sotto il proprio ferro: non proprio quello che ti aspetti quando hai tre giocatori oltre i 2.10 cm, di cui due a lungo contemporaneamente in campo.
Aggiungiamo la serata dal rendimento insufficiente di Colbey Ross e di un attesissimo ma deludente Denzel Valentine, e l’apporto offensivamente nullo di un Michele Ruzzier perlomeno più attento del compagno di reparto, e si comprende come l’onda di marea bresciana nel pitturato con i vari Burnell, N’dour, Dowe e Ivanovic risulti inarrestabile.
A completare l’opera, le 17 palle perse (di cui solo 10 recuperate dai lombardi, segno che ben 7 palloni siano gettati letteralmente al vento), numero di per sé sufficiente a rendere impossibile una vittoria in trasferta.
In ultima analisi, considerata l’assenza dell’unico tiratore puro della squadra in una partita in cui il tiro non entra, oltretutto anche un ottimo difensore difficilissimo da battere nell’uno contro uno, ed ecco che (naturalmente a posteriori) si può senz’altro affermare che l’esclusione dal referto di Sean McDermott per far spazio a Kelley non abbia portato i frutti sperati.
Non è quindi affatto detto che per Gara 2 si replichi la scelta, anche se pensare che Jamion Christian abbia il coraggio di rinunciare ad uno fra Denzel Valentine o (Dio non voglia) Markel Brown risulti piuttosto impegnativo.
Di buono c’è che nei playoff vincere o perdere di uno o di venti non cambia assolutamente nulla. 1-0, palla al centro per la nuova palla a due.
Fra due giorni si riparte da 0-0 e la storia insegna come quasi mai le partite si ripetano uguali a sé stesse.
Sempre che Trieste capisca che per far paura a questa Brescia sarà necessario mordere le caviglie agli avversari per quaranta minuti, altrimenti si rischia concretamente di non tornare più al Palatrieste fino al prossimo ottobre (anche perchè l’assenza di novità sul ricorso per ridurre la squalifica del campo non può essere preso come un segnale positivo).
A fine gara Jamion Christian afferma che ha anche visto molte cose della sua squadra che gli sono piaciute -non specifica quali-, e da lì partirà, magari con qualche variante tecnica, per preparare Gara 2.
Intanto, salta già un fattore campo in un altro quarto di finale: Milano sbanca Trento dopo aver inseguito a lungo, mentre Trapani conquista il primo punto della serie contro Reggio Emilia dopo aver letteralmente tremato fino a trenta secondi dalla fine capitalizzando la giocata da tre punti di Galloway nell’azione decisiva.
(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna