In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni

PALLACANESTRO BRESCIA – PALLACANESTRO TRIESTE: 92-103
Pallacanestro Brescia: Bilan 9, Ferrero n.e., Dowe 2, Della Valle 22, Ndour 11, Burnell 11, Tonelli n.e., Ivanovic 26, Mobio, Rivers 11, Cournooh, Pollini n.e.
Allenatore: P. Poeta. Assistenti: M. Cotelli, G. Alberti, D. Moss.
Pallacanestro Trieste: Obljubech n.e., Ross 13, Kelley 5, Deangeli (k), Uthoff 18, Ruzzier 10, Campogrande n.e., Candussi 19, Brown 12, Brooks 11, Johnson 2, Valentine 13.
Allenatore: J. Christian. Assistenti: F. Taccetti, F. Nanni, N. Schlitzer.

Progressivi: 31-16 / 46-48 // 74-80 / 92-104
Parziali: 31-16 / 15-32 // 28-32 / 18-23

Arbitri: Sahin, Valleriani, Dori.

Trieste torna nella serie, eccome se ci torna. Giusto il tempo di rendersi conto che 13 minuti fotocopia di Gara 1 sarebbero valsi l’imbarcata, e mette in scena una reazione inaspettata quanto violenta, una ribellione ad un destino che pareva già scritto dopo un primo quarto e mezzo di sofferenza e testa bassa che annichilisce una Brescia prima sorpresa, poi stordita, infine incapace di trovare l’antidoto alle improvvise fiammate di Trieste.
Una Trieste tornata a divertirsi prima ancora che divertire i suoi tifosi giocando il suo basket leggero, veloce ed imprevedibile, il basket che le ha permesso di finire così in alto la stagione regolare e che pareva smarrito, affondato in una palude di appagamento e frustrazione che non le era mai appartenuto prima nel corso della stagione.Gara 2, ad onor del vero, inizia in un modo che non lascia davvero presagire nulla di buono. Trieste sceglie di rischiare escludendo nuovamente Sean McDermott a favore di Kylor Kelley nella speranza di intasare il pitturato limitando così il raggio d’azione di un onnipotente Miro Bilan, soluzione con doppio lungo che, però, non aveva certo prodotto un fatturato sufficiente in Gara 1 specie in difesa.
La soluzione, nuovamente, non convince e dura letteralmente un paio di minuti, così come il primo tempo di un Colbey Ross che sembra in stato confusionale.
E’ vero, il centro croato stavolta viene arginato tramite un asfissiante raddoppio sistematico del piccolo in aiuto al suo marcatore di turno, ma Brescia trova punti con grandissima continuità dai due giocatori che due giorni prima avevano maggiormente deluso, Amedeo Della Valle e Nikola Ivanovic, capaci di andare a segno così come di mettere in ritmo i compagni, specie N’dour, con il risultato che la squadra lombarda continua a realizzare da sotto con percentuali irreali.
Dall’altro capo del campo Trieste fatica, pasticcia, tira malissimo da fuori. Valentine non riesce ad entrare in clima post season ed è troppo leggero sui due lati del campo, il solo Markel Brown non smette di provarci, ma è isolato e comunque litiga con il ferro nonostante qualche sprazzo che consente perlomeno alla sua squadra di non accumulare uno svantaggio tale da posare un macigno sul risultato finale già dopo dieci minuti.
Trieste rischia più volte di finire al tappeto, tocca i 18 punti di svantaggio a cavallo fra primo e secondo quarto dopo l’ennesimo fallo tecnico di chiara frustrazione commesso dal coach. Sull’altra panchina Peppe Poeta è tranquillo, sorridente e rilassato: alla sua squadra sta infatti riuscendo ogni singolo particolare del piano partita, e si permette di far riposare un Miro Bilan molto meno incisivo di Gara 1 (del resto la carta d’identità non può che avere il suo peso in una serie da una partita ogni due giorni) ed inserisce la sua second unit per controllare i ritmi e tenere gli avversari in un angolo facendo passare il tempo.
Brescia, però, a questo punto commette l’errore capitale di battezzare finita la partita, come del resto avrebbe fatto chiunque avesse osservato il linguaggio del corpo fin lì esibito dai biancorossi, oggi in total white.
La Germani inizia a giochicchiare, a pasticciare in attacco, a perdere qualche pallone con troppa leggerezza, a specchiarsi troppo nella sua superiorità fin lì tanto evidente quanto schiacciante. Atteggiamento di sufficienza che ha l’immediato effetto di un pungolo elettrico sull’orgoglio (e sugli attributi) dei giocatori triestini. Noi non siamo questi, si devono essere detti. Christian decide di averne avuto abbastanza degli esperimenti e si affida al suo amato small ball, con Jeff Brooks a fungere da lungo chioccia per Francesco Candussi ed un manipolo di esterni orchestrati da un Michele Ruzzier tornato ad essere leader, condottiero e playmaker da quintetto base (sotto agli occhi del CT Pozzecco).
Trieste torna a fare il suo gioco, rimette a posto le percentuali da oltre l’arco, ma soprattutto inizia a difendere sul serio. Anzi, a difendere tout court, dal momento che per 53 minuti lo aveva fatto in modo perlomeno approssimativo.
Brescia sbanda e perde una marea di palloni, il gap viene cancellato in un amen, Trieste riesce a mettere addirittura il naso avanti ed allungare quando manca ancora una manciata di minuti all’intervallo.
E’ così che va il basket: mettere una lapide sulla tomba di una partita quando manca una vita alla sirena finale tendenzialmente ti porta a fare delle figuracce.
Trieste finisce un primo tempo incredibile realizzando 32 punti in 7 minuti, restituendo alla Germani, tale e quale, la mazzata iniziale.
Capolavoro completato nella terza frazione, quando ci si poteva e doveva attendere la contro reazione dei padroni di casa e l’inasprimento del clima in un palazzetto fin lì abbastanza sonnecchiante, prima a teatro ad assistere ad una esibizione accademica, poi preso letteralmente in contropiede, infine incitato da Poeta e ADV a dare maggiore supporto.
Ed infatti Brescia, tornata a schierare il suo quintetto base, torna ad alzare intensità e continuità in attacco, anche se lo spauracchio Bilan viene arginato nei suoi movimenti più amati, che non riesce letteralmente ad eseguire quasi mai.
Trieste, però, regge alla grande l’urto, anzi ne confeziona uno contrario ben più impattante giocando di squadra, condividendo il pallone (come notoriamente piace a Michael Arcieri): le responsabilità sono condivise, Uthoff torna ad essere ice man, Brooks è una sentenza sotto il ferro con l’ineguagliabile tempismo che gli permette di trovarsi sempre al posto giusto per catturare i rimbalzi in attacco, anche Valentine (pur con qualche leggerezza di troppo) e Colbey Ross si ricordano di possedere un arsenale non arginabile se dispiegato con la giusta convinzione.
Ci si mette, finalmente, anche Michele Ruzzier, capace prima di infilare una tripla con la mano di Burnell sul naso, ed un altra sfruttando un geniale extrapass di Francesco Candussi. E poi, ovviamente, proprio lui: il baffo di Palmanova alla sua prima esperienza nei playoff di Serie A disputa la sua miglior partita in carriera nella massima serie, colpendo con la specialità della casa dai 6.75 ma anche tirando con il 75% da due, catturando pure 6 rimbalzi e generando un eloquente +20 di plus/minus.
In definitiva, Trieste regge alla grande l’urto ribattendo colpo su colpo ma approfittando anche di ogni singolo errore bresciano per ampliare progressivamente il vantaggio: il ritorno al predominio a rimbalzo ed il pareggio nel computo delle palle perse sono due dei fattori che permettono di tenere Brescia a distanza anche nel suo momento di massimo sforzo.
La partita è definita dal 64-43 con cui Trieste replica al 16-31 con cui aveva chiuso il primo quarto di gara.
Markel Brown galleggia in aria, Brooks mette la ciliegina aggregandosi ad un’orchestra da 15 triple mettendo, ora sì, l’epitaffio su Gara 2 nonostante alcune decisioni arbitrali che definire cervellotiche è il minimo.
Ma stasera nemmeno il trio in grigio è sufficiente per scalfire la redivivia quanto granitica volontà biancorossa, che azzanna la preda e non la molla fino al quarantesimo.
Christian si gode sette uomini in doppia cifra, con 44 punti su 103 prodotti dalla panchina.
Dopo una Gara 1 da top scorer, stavolta i due centri collezionano complessivamente 17 minuti sul parquet: del resto, con l’arma tanto amata che torna a far male da oltre l’arco ed il nemico pubblico numero uno in pausa di riflessione, meglio affidarsi alla coperta di Linus di Jamion Christian con i suoi “pretoriani” in campo, inutile rischiare.
Per usare un paragone di moda in tempi di Sinner-mania, Trieste strappa così il servizio all’avversario, ed ora ha il compito di consolidarlo per conquistarsi il vantaggio di servire per il match.
Un vero peccato che tale consolidamento dovrà con ogni probabilità venir giocato lontano da casa, sebbene nulla al momento sia definito nonostante le voci incontrollate inseguitesi nel pomeriggio che davano per certo lo scenario del Palaverde. Si sa solo che si gioca alle 21:00 di giovedì, per il resto novità sono attese di ora in ora.
Ovviamente, l’uomo più contento del pareggio nella serie è Michael Arcieri, che perlomeno potrà contare sicuramente su almeno un incasso casalingo nei playoff, quello di sabato prossimo al PalaTrieste che la squadra si è certamente conquistata.
Comunque vada, perlomeno il pubblico triestino potrà salutare adeguatamente la squadra a casa sua, con la consapevolezza che Trieste, quella squadra sbarazzina ed a tratti spettacolare, quella capace di vincere su campi impossibili, di conquistarsi la semifinale di Coppa Italia, di prendere in contropiede i soloni del basket tricolore, non è ancora naufragata attraversando il Lago di Garda.
L’altra serie nella stessa parte del tabellone vede invece il raddoppio di Trapani, che sfonda la resistenza di una Reggio Emilia che stavolta dura poco più di 15 minuti. Dall’altra parte, invece, Trento pareggia il conto con Milano grazie alla preghiera su una gamba da tre punti sulla sirena finale di Cole che recupera il pallone dopo un clamoroso errore di Mirotic.

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Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna