Archivi per categoria: RCT Sport
13-11-2025 15:30 Clicca sul link e seguici su www.radiocitytrieste.it – Radio City Trieste – Official Page – Radio City Trieste – Facebook Group
In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
Pallacanestro Trieste – Bertram Derthona Basket 91-81 Parziali: 15-29 / 41-43 // 64-61 / 91-81 Progressivi: 15-29 / 26-14 // 23-18 / 27-20
Pallacanestro Trieste: Toscano-Anderson n.e., Ross 10, Deangeli 0, Uthoff 6, Ruzzier 16, Sissoko 8, Candussi 3, Iannuzzi n.e., Brown 17, Brooks n.e., Moretti 14, Ramsey 17. Coach: I. Gonzalez. Assistenti: F. Nanni, F. Taccetti, N. Schlitzer.
Bertram Derthona Basket: Vital 17, Hubb 14, Gorham 16, Pecchia 2, Chapman 0, Di Meo n.e., Tandia n.e., Strautins 17, Baldasso 3, Olejniczak 4, Biligha 2, Rismaa 6. Coach: M. Fioretti. Assistenti: I. Squarcina, A. Vicenzutto.
Arbitri: B.M. Attard, F. Paglialunga, A. Nicolini.
TRIESTE – Capitolo 7 del manuale di psichiatria: sdoppiamento della personalità. Dopo 50 minuti in balia degli avversari, frustrati ai limiti della rassegnazione, deconcentrati e disattenti, sul filo di una pioggia di fischi spazientiti che per la prima volta piovono -timidamente- dagli spalti, gli uomini di Gonzalez smettono i panni mansueti della vittima predestinata e si ribellano ad un risultato che sembra di nuovo già scritto dopo cinque minuti.
E’ il quintetto “operaio” all Italian con l’aggiunta di Markel Brown, subentrato ai primi cinque nel momento peggiore, a portare una scossa prima di tutto morale alla partita. Ruzzier e Moretti, Candussi (influenzato ma regolarmente in campo pur senza allenamento) ed un Lodo Deangeli indemoniato in difesa riprendono una situazione che sul -18 e con Tortona in delirio di onnipotenza ben oltre i demeriti difensivi triestini sembrava aver già posto l’epitaffio sul risultato a 30 minuti dalla sirena finale ed avviato di conseguenza processi e ricerca di responsabilità.
Gli ospiti, peraltro, aiutano cortesemente Trieste disputando un secondo quarto fotocopia del primo biancorosso: smettono di condividere la palla affidandosi alle iniziative personali di uno Strautins motivatissimo al rientro, di un Hubb che va via via spegnendosi dopo un avvio perfetto e di un Tommaso Baldasso non certo alla sua miglior partita in stagione.
Trieste riprende a catturare rimbalzi dopo essere stata letteralmente sovrastata sui due lati del campo, trova canestri e coraggio con un ispirato Ruzzier (che finalmente torna a guardare il canestro esibendosi in un 4/4 da fuori da antologia che gli permette, tra le altre cose, di superare i 1500 punti in LBA) ed un Moretti che, quando sta bene e gli viene concesso spazio, si dimostra ancora una volta letteralmente imprescindibile: il Moro sa fare veramente tutto, difende, ruba palloni, è un eccellente passatore e, soprattutto, è il tipico giocatore di striscia.
Quando va in ritmo prende fiducia ed al tiro diventa pressoché infallibile. Aggiungendo il non trascurabile particolare che non si tira di certo indietro quando è necessario prendersi responsabilità importanti nei momenti decisivi, si comprende come in questa fase del campionato l’ex Reyer sia probabilmente uno fra i giocatori chiave a disposizione del coach.
Risultato: il timido dottor Jekill si trasforma nel terrificante Mister Hyde, Tortona segna 14 punti nei secondi dieci minuti (Trieste ne aveva segnato 15 nei primi dieci), la partita torna magicamente ed in modo del tutto imprevisto in totale equilibrio e vi resterà fino a due minuti dal termine.
Piuttosto esplicativi i plus /minus di Moretti, Brown, Candussi e Deangeli: rispettivamente +15, +14, +15 e +13.
Nel secondo tempo Trieste si mette addirittura a difendere, ed è forse la notizia più clamorosa. Lo fa in modo organizzato, convinto e con ferocia agonistica, aggredendo il portatore di palla, passando sui blocchi, impedendo sistematicamente che il lungo (non un fulmine di guerra il possente polacco Olejniczak) riceva e concluda il pick and roll con aiuti puntuali portati dall’uomo giusto.
Subisce una quantità abnorme di punti in transizione (addirittura 22), generati essenzialmente dalle 18 palle perse, ma da qualche parte è pur necessario mollare.
Per contro, a mano a mano che ci si avvicina alla fine, cattura pressoché tutti i rimbalzi difensivi, concedendo a Tortona solo quelli dalla traiettoria imprevedibile: sono lo stesso ben 16 i rimbalzi offensivi degli ospiti, ma accumulati soprattutto nelle prime fasi dell’incontro.
Per contro, dall’altro lato del campo, soprattutto con Uthoff e Sissoko si concede più volte preziosissime seconde chance andando a catturare carambole che, alla fine dei conti, si riveleranno decisive.
Nasce tutto da lì: l’ottima difesa permette di raggiungere Tortona e di accumulare anche qualche punto di vantaggio, pur senza riuscire mai a scrollarsi di dosso un’avversaria che ribatte colpo su colpo.
La difesa permette pure di segnare molto in transizione, anche se i colpi letali vengono portati da oltre l’arco da Moretti prima e Markel Brown poi (l’avvicendamento nel finale del primo con il secondo genera qualche mugugno sugli spalti, zittito da un paio di rimbalzi raccolti al piano di sopra e dalle due triple decisive realizzate dal cocapitano) con l’aggiunta di un ispiratissimo Ruzzier, un glaciale Uthoff e di un Ramsey fin lì silente ma il solito serpente velenosissimo quando decide di mettersi in proprio, specie quando aggredisce una difesa limitata da quattro giocatori con quattro falli sulle spalle a limitarne le possibilità di contenimento.
Trieste è brava ad approfittarne: come sempre successo, con i suoi migliori tiratori di liberi -Ramsey ma anche Colbey Ross- tende a penetrare, cercare il contatto ed a conquistare di conseguenza ben 27 tiri liberi, trasformati con una percentuale vicina al 90%.
Un vero fattore, anche perchè dall’altro lato a Tortona ne vengono concessi solo 11.
E poi, è quasi matematico: quando i biancorossi giocano di squadra, condividono il pallone, mettono il compagno in ritmo nelle condizioni di prendere la migliore soluzione possibile al tiro, esprimono la loro migliore pallacanestro e, tendenzialmente, vincono.
Concetto sintetizzato dalla quantità di uomini in doppia cifra, ben 5, senza solisti accumulatori di statistiche.
Alla fine la Bertram fallisce anche triple piedi a terra “battezzate” dalla difesa triestina, non riesce in alcun modo a scardinare il pitturato avversario anche perchè Sissoko intimidisce con la sua sola presenza, e quando Hubb fa zero su due dalla linea del tiro libero esibendosi in poco consueto air ball sul secondo tentativo non le resta che alzare la bandiera della resa, senza nemmeno riuscire a limitare il passivo in vista di un doppio confronto che si preannuncia serrato.
Per Trieste una vittoria imperfetta, con sprazzi di basket piacevole alternati a bestialità cestistiche troppo osé per essere raccontate senza SPID, ma anche qualche progresso nel processo di perfezionamento degli automatismi sui due lati del campo che lascia ampi margini per poter essere ottimisti.
E, soprattutto, finalmente, la garra, il carattere, gli attributi che piacciono alla gente ancor più della perfezione tecnica, e che erano stati i grandi assenti per gran parte del primo mese di stagione.
Dal -18 fotocopia della debacle al PalaLeonessa al +10 dopo mezz’ora di gioco, oltretutto ottenuto nonostante le pesantissime assenze di Brooks e Toscano Anderson in ruoli nei quali Tortona è super attrezzata (sconosciuti i tempi di rientro per il primo, sicuramente non sarà in campo a Cremona.
Risentimento lombare per il secondo, con maggiori possibilità di rientro immediato in campo.
L’impressione è che quando, oltre ai difetti cronici costituiti da alcuni aspetti difensivi e soprattutto dall’inspiegabile quanto irritante approccio morbido, svagato e rinunciatario ad ogni partita, Trieste riuscirà a dare un minimo di continuità ad un rendimento fin qui eccessivamente altalenante, allora la stagione potrà iniziare a considerarsi moderatamente raddrizzata.
Il primo successo conquistato contro una squadra di alta classifica riporta un po’ di sereno in vista di tre partite nelle quali, per l’appunto, sarà indispensabile ripetersi. Il trittico viene inaugurato sabato al PalaRadi di Cremona, sul campo di una sorpresa del campionato che ora ha lo stesso record di Trieste (4-3), poi sarà tempo di scendere su uno dei templi della pallacanestro continentale, la Abdi İpekçi Arena di Istanbul per una partita che potrebbe regalare i play-in in BCL, per completare il tour de force il 23 novembre con la sfida interna all’Olimpia Milano.
Poi si potrà tirare il fiato per qualche giorno grazie alla pausa per la Nazionale, e sarà forse già tempo dei primi bilanci.
(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna
13-11-2025 15:14
10-11-2025 12:44 seguici su www.radiocitytrieste.it – Radio City Trieste – Official Page – Radio City Trieste – Facebook Group
In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
GERMANI BRESCIA 98 – PALLACANESTRO TRIESTE 75 Parziali: 32-25 / 21-19 // 18-16 / 27-15 Progressivi: 32-25 / 53-44 // 71-60 / 98-75
Germani Brescia: Bilan 6, Ferrero 0, Doneda 0, Santinon 0, Della Valle 25, Ndour 16, Burnell 12, Ivanovic 17, Mobio 2, Rivers 20, Cournooh 0.
Coach: M. Cotelli. Assistenti: G. Alberti, A. Lotesoriere
Pallacanestro Trieste: Toscano-Anderson 5, Ross 19, Deangeli 0, Uthoff 11, Ruzzier 2, Sissoko 5, Candussi 4, Iannuzzi n.e., Brown 6, Brooks n.e., Moretti 3, Ramsey 20. Coach: I. Gonzalez. Assistenti: F. Nanni, F. Taccetti, N. Schlitzer
Arbitri: V. Grigioni, S. Noce, F. Cassina
BRESCIA – Tre vittorie consecutive, una valanga di punti segnati, un atteggiamento finalmente positivo ed una organizzazione di gioco che, sebbene poco più che embrionale, cominciava a mostrare i primi segni di personalità, hanno evidentemente drogato le aspettative per una squadra che, invece, si dimostra ancora una volta lontanissima da quella immaginata (e sognata) in estate.I soliti 32 punti incassati nei primi dieci minuti, le solite rotazioni che a noi profani appaiono poco meno che cervellotiche, l’incapacità di reggere lo sforzo mentale e fisico per recuperare un gap ancora recuperabile per più di tre-quattro azioni consecutive e, soprattutto, una gestione difensiva risibile in ogni suo singolo aspetto, dimostrano come la Trieste di inizio novembre, ad un mese dall’inizio del campionato, non abbia ancora nemmeno lontanamente le caratteristiche per poter competere a livelli che superino la mediocrità.
Dopo Trapani (che perlomeno si era imposta di poco al termine di una partita comunque giocata male) e Venezia, il team di Gonzalez incappa in un’altra serata-incubo contro una delle eccellenze del campionato, ognuna delle quali è abile nel mettere a nudo quelli che sono i difetti strutturali, ed ormai cronici, di questo roster. Mettiamoci anche l’atteggiamento, quello che porta Jason Burnell, sul +20, a gettarsi a terra a muso duro per recuperare un pallone dalle mani di Colbey Ross e protestare per la rimessa assegnata a Trieste, mentre sulla panchina opposta il trio del coaching staff biancorosso se ne sta semi disteso sulle poltrone a disquisire sconsolato apparentemente disinteressato al garbage time nel quale la sua squadra si dimostra perfettamente a proprio agio gettando palloni al vento a ripetizione, e si comprende come, oggi, la differenza finale sul tabellone del Pala Leonessa descriva con la precisione di una foto a 24 megapixel la differenza tout court fra le due squadre in campo.
E dire che la serata a Brescia inizia pure con il piede giusto, con Trieste che perlomeno ci mette determinazione e concentrazione, trovando con il suo quintetto base soluzioni semplici con continuità e riuscendo nella propria metà campo a contenere sia Bilan (sistematicamente raddoppiato lontano dal ferro) che Della Valle.
Poi, dopo essere stati in vantaggio anche di 9 punti, a metà primo quarto accade quello che nessuno si aspetta. O, perlomeno, si aspetta perché già accaduto, ma si augura che non accada necessariamente di nuovo: il coach non inizia a ruotare il quintetto “annacquandolo” un giocatore alla volta, ma decide di ripetere l’esperimento che con l’Igokea aveva anche retto, quello di stravolgere completamente il roster inserendo tutti gli italiani con Uthoff.
Ma, come anche le scalinate del PalaTrieste avevano compreso, Brescia non è l’Igokea. Coach Cotelli ringrazia, e la Germani con Burnell, Ndour e Ivanovic penetra nel pitturato come una lama calda nel burro, trovandosi ripetutamente libera di pescare l’uomo completamente libero sotto canestro, dimenticato come sempre nel pick and roll oppure ogni singola volta che taglia dal lato debole.
Difetti difensivi, peraltro, evidenziati dal primo minuto della prima partita di pre season, e che non accenna nemmeno minimamente ad andare verso una soluzione. L’inevitabile break consente agli uomini di casa di ribaltare completamente l’inerzia e di prendersi il vantaggio in doppia cifra che poi difenderanno con una facilità disarmante nei restanti trenta minuti.
Trieste ha un rigurgito di qualità solo in apertura di ripresa, quando dal -9, approfittando di un paio di minuti di svagatezza bresciana, ricuciono fino al -3, senza dare però praticamente mai l’impressione di poter veramente ribaltare l’incontro.
Ed infatti, senza scomporsi particolarmente, gli uomini di Cotelli smorzano sul nascere ogni velleità ospite rimettendo i biancorossi nell’angolo nel quale li avevano relagati nel primo tempo.
Sono sufficienti tre azioni per scavallare nuovamente la doppia cifra e mettere la parola fine ad ogni discorso quando il cronometro recita ancora -16 minuti alla fine. Non che non ci fosse più il tempo, non che il divario fosse incolmabile (lo diventerà solo nel garbage time finale), semplicemente Brescia si rimette a giocare come sa, trovando soluzioni semplici ad altissima percentuale, ferendo sanguinosamente Trieste anche lì dove Trieste aveva dimostrato uno dei suoi pochi punti di forza, quello di andarsi a cercare, trovandoli, una caterva di falli a favore e di conseguenza di tiri liberi concessi.
Stavolta, invece, è proprio la Leonessa a graffiare: 18 su 18 dalla linea della carità, contro il 61% su 13 tentativi concessi a Trieste.
In queste ultime due settimane era il dubbio più ricorrente ed anche quello dalla risposta più semplice: d’accordo, questa squadra ha tantissimi punti nelle mani ed è capace con facilità e continuità di andare vicina, ed anche oltre, i 100 punti a partita.
Ma cosa succederà quando, per un motivo o per l’altro, il meccanismo offensivo si incepperà o sarà limitato dagli avversari? La risposta è ovvia: è indispensabile reggere l’urto in difesa. E questo, la squadra triestina non è letteralmente mai riuscita a farlo, nemmeno contro Udine, Treviso e Igokea.
La serataccia in Lombardia non fa che confermare ciò che pareva lapalissiano già alla vigilia.
L’attacco biancorosso, contro Brescia, smette infatti di correre, smette di ragionare, smette di costruire tiri sensati ed in ritmo.
Viceversa, torna ad affidarsi alle invenzioni estemporanee di giocatori che perlopiù litigano ostinatamente con il canestro.
Quasi niente arriva da Markel Brown, quasi niente più un po’ di irritanti palle perse da Toscano Anderson.
Colbey Ross, perlomeno, pur giocando alla Colbey Ross delle ultime settimane, pur cercando assistenze con cervellotici lob sotto canestro inevitabilmente preda della selva di mani dei difensori, segna una ventina di punti con ottime percentuali, limita il numero di palle perse e, soprattutto, è l’ultimo ad arrendersi.
Ramsey è il solito caterpillar da venti punti con il 70% da due, anche se il suo primo passo rimane devastante quando punta Della Valle, ma trova pane per i suoi denti quando tenta di penetrare saltando Jason Burnell.
Jahmi’us colleziona comunque un buon 22 di valutazione che lo pone ben al di sopra della sufficienza.
Poco, pochissimo, da tutti gli altri. Nell’atteso confronto con Bilan, Mady Sissoko ne esce con le ossa rotte, non tanto per il confronto diretto, quanto per l’efficacia dei due nell’economia della squadra: il gap di esperienza è al momento abissale e non può essere certo colmato solo dalla strabordante esuberanza atletica del maliano.
Ma è tutta scuola, il buon Mady non potrà che fare tesoro di questa serata in aula.
Qualcosa arriva da Jarrod Uthoff, che però naufraga con il quintetto di rincalzo nel primo quarto, nel quale prevale impotenza e frustrazione più che leadership e guida della squadra: del resto il compito che gli viene assegnato a fianco di Deangeli, Ruzzier, Moretti e Candussi esposto per metà quarto ad una squadra che sì, ruota i propri uomini, ma non rinuncia mai a uno o due fra Ivanovic, Della Valle, Burnell, Revers e Ndour è di quelli da impresa epocale.
Pesante, in un ruolo nel quale Brescia è oggettivamente debordante, l’assenza perdurante di Jeff Brooks, lontano dal campo ormai da un mese.
Da comprendere, invece, il mancato rientro in campo di un Davide Moretti che nei soli cinque minuti trascorsi sul parquet si è perlomeno dimostrato l’unica guardia con la propensione a guardare il canestro.
Nel caso in cui il suo mancato impiego nella ripresa derivasse da un riacutizzarsi del malanno alla caviglia, sarebbe un altra pesante tegola in vista dell’imminente sfida con Tortona di mercoledì prossimo.
Non resta che affidarsi alle parole di Israel Gonzalez al termine dell’incontro, il quale evidenzia come ogni processo di crescita, compreso quello dimostrato da Trieste nelle ultime settimane, non segua un percorso in linea retta ma sia caratterizzato da alti e bassi, e quello con Brescia è indubbiamente un basso (che pare più un abisso, ndr).
Un suggerimento a coach Gonzalez, già che lo citiamo, ci sentiamo -molto umilmente- di darlo: non è certo necessario arrivare agli eccessi verbali e fisici di allenatori sul genere di Željko Obradovic, anche perché sappiamo bene che certi comportamenti non sono nelle corde del coach basco, e comunque sono tagliati su misura solo per personaggi come Željko Obradovic.
Ma quando appare evidente che, pur a partita ampiamente persa ed irrecuperabile, la tua squadra ha bisogno di una scossa, anzi di una vera scarica di defibrillatore che le impedisca di naufragare in passiva attesa della doccia, è necessario mettere entrambi i piedi in campo, magari prendere un tecnico o finire la partita afoni per ciò che si è urlato durante l’ultimo time out.
Senza necessariamente assumere un colore rosso pompeiano, senza ricorrere al turpiloquio, senza farsi esplodere la carotide, senza manate sul parquet, senza calci alla panchina, ma un sonoro e chiaro richiamo di orgoglio e di amor proprio, quando ci vuole, ci vuole.
Non è il momento, però, di abbandonarsi a pessimismo o, peggio, ricalarsi nel pessimo clima da caccia alle streghe che ha caratterizzato il mese di ottobre: per dimostrare che ad un basso segue un alto c’è già un’ottima occasione, l’imminente sfida con Tortona di mercoledì 12 novembre.
Si torna al PalaTrieste che mai come stavolta è chiamato al suo ruolo di sesto uomo.
A proposito… chissà se l’ineffabile Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive catalogherà come pericolosa la trasferta della temibile orda di violentissimi tifosi piemontesi impedendo loro di seguire la squadra in riva all’Adriatico… non sia mai che fra famiglie e pensionati si annidi qualche becero ultrà del Derthona Football Club….
(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna
9-11-2025 11:52 seguici su www.radiocitytrieste.it – Radio City Trieste – Official Page – Radio City Trieste – Facebook Group
In collaborazione con Pallamano Trieste 1970 – articolo di Alessandro Asta – addetto stampa Pallamano Trieste 1970
PRESSANO
25 – PALLAMANO TRIESTE
1970 29 (p.t. 11-14)
PRESSANO: Facchinelli, Fadanelli 4, Villotti, D’Antino 7, Rossi 1, Mazzucchi 2, Pilati, Moser, Wierer 1, Martini 1, Moser, Milovic 6, Loizos, Vagnoni, Bellini 1, Fraj 2. All. Dumnic
PALLAMANO TRIESTE 1970: Garcia, Postogna, Giorgi, Bono 2, Mazzarol, Antonutti, Pernic 2, Urbaz 3, Parisato, Lo Duca, Andreotta, Pauloni 2, Lindström 4, Vanoli 5, Bendjilali 1, Sandrin, Esparon 10. All. Carpanese
Arbitri: Riello e Panetta
PRESSANO – Trieste si fa bella anche in trasferta: per la squadra di Andrea Carpanese arriva la prima vittoria lontano dalle mura amiche di Chiarbola, col 25-29 a Lavis di Pressano dopo sessanta minuti di grande qualità offensiva e difensiva.
Con l’infortunio di Pujol, spazio a Vanoli in cabina di regia per Trieste, per i biancorossi c’è invece in porta Postogna (già bravo in avvio a disinnescare un paio d’attacchi trentini).
È 1-1 al 2’ con gol di Milovic ed Esparon, il francese consegna subito dopo il primo vantaggio esterno un minuto più tardi mentre si vede già in campo il nuovo arrivato Bendjilali.
Permane il +1 esterno anche al 9’ (3-4) con una buona difesa giuliana a sporcare diversi possessi del Pressano, è Wierer a pareggiare i conti in contropiede due minuti più tardi ma sono sempre gli alabardati a tenere un briciolo di inerzia con due gol di gap grazie all’asse pivot Pernic-Bendjilali (5-7 a metà frazione). Ancora Postogna è prezioso in una provvidenziale respinta con gli ospiti con un uomo in meno, quando sono invece i padroni di casa in inferiorità numerica è Vanoli ad approfittarne su assist di Lindström, col successivo +3 al 20’ firmato poi proprio dal terzino svedese (6-9, time-out Dumnic).
Nel tabellino triestino si iscrivono a referto anche Bono e Urbaz (doppietta per quest’ultimo) e gli ospiti volano sull’8-12 a cinque dalla fine del primo tempo, sul lato opposto Milovic fa uno-due ma in attacco i giuliani sbagliano poco, tenendosi tre reti di vantaggio a metà gara (11-14).
È la rasoiata vincente di Esparon a bagnare l’inizio della ripresa, con la risposta dai sette metri di D’Antino sul lato opposto.
Dopo cinque minuti, Trieste torna a difendere quattro gol di vantaggio (14-18, con due gol consecutivi di Lindström), Postogna è ancora clamoroso tra i pali e i biancorossi allungano ulteriormente sul +6 grazie alla realizzazione di Vanoli, alle due inferiorità numeriche di fila del Pressano e al rigore messo a segno da Esparon (15-21 al 41’).
I trentini si affidano alle respinte di Loizos per rimanere in scia ma il ritmo se lo tiene strettissimo la squadra di “Carpa”: altro sette metri di Esparon, a metà di secondo tempo ci sono sette reti di gap tra i due team.
Fadanelli, D’Antino e Milovic ridanno ossigeno ai padroni di casa (18-22 al 46’), è Vanoli a rompere un momento di difficoltà alabardata in attacco ma poi Trieste perde per espulsione Bendjilali a 11’ dalla fine.
Con i successivi due minuti inflitti a Parisato e il gol di Bellini, per i giuliani c’è bisogno di stringere i denti: è provvidenziale in tal senso la rete di Urbaz del momentaneo 21-25, Esparon mantiene intatto il +4 con 4’ da giocare mentre D’Antino dai sette metri tiene in vita il Pressano (23-26).
I gol di Bono, Esparon e Pauloni chiudono definitivamente la pratica a 1’30’’ dalla fine, è tripudio biancorosso al Palavis.

Alessandro Asta (Addetto Stampa Pallamano Trieste 1970)
(foto di Ervin Skalamera)
5-11-2025 17:31 seguici su www.radiocitytrieste.it – Radio City Trieste – Official Page – Radio City Trieste – Facebook Group
In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
Il quadrifoglio torna a portar bene: Trieste rinasce in BCL
PALLACANESTRO TRIESTE – IGOKEA: 115-90 Parziali: 23-16 / 56-44 // 77-62 / 115-90 Progressivi 23-16 / 33-28 // 21-18 / 38-28
Pallacanestro Trieste: Toscano-Anderson 12, Ross 13, Deangeli 2, Uthoff 10, Ruzzier 5, Sissoko 12, Candussi 10, Iannuzzi n.e., Brown 14, Brooks n.e., Moretti 11, Ramsey 26. Coach. I. Gonzalez. Assistenti: F. Nanni, F. Taccetti, N. Schlitzer.
Igokea: Ceaser 8, Lewis 15, Popovic P. 4, Gavrilovic 9, Tyree 16, Mustapic n.e., Ilic n.e., Antunovic n.e., Popovic N. 8 Bess 9, Milosalvljevic 17, Simanic 4.
Coach: N. Stefanovic. Assistenti: M. Cvetkovic, V. Duric.
Arbitri: Y. Rosso, G. Gedvilas, P. Marques.
TRIESTE – Trieste si sblocca in BCL, e lo fa in modo pirotecnico esaltando il pubblico del PalaTrieste accorso numeroso anche di martedì sera per sostenere la sua squadra in quella che era probabilmente l’ultima chance per tenere aperta la porta europea.
Una squadra che non è più l’acerba Armata Brancaleone che venne travolta anche mentalmente oltre che nel punteggio in Bosnia qualche settimana fa: alla terza vittoria consecutiva, la seconda con oltre 100 punti segnati (222 negli ultimi 80 minuti), Trieste mostra sempre più consapevolezza nei propri mezzi e si affranca progressivamente dagli spunti personali dei giocatori dotati di maggior talento e maggiori attributi per mostrare quanto sappia giocare di squadra, condividere la palla, divertirsi ancor prima di divertire.
Ovviamente, come in ogni sport (e come nella vita reale) l’effetto taumaturgico del successo è evidente, addirittura cristallino: lasciati negli armadietti in spogliatoio i musi lunghi e le occhiatacce alla panchina, le vittorie consecutive allargano il sorriso sui visi di giocatori che probabilmente non aspettavano altro, e l’immediata, conseguente, comunione con il pubblico è accolta da tutti con un sospiro di sollievo lungo 28 metri.
Vittoria di squadra, dicevamo: 8 giocatori in doppia cifra, tutti a segno gli undici impiegati da coach Gonzalez, che riesce a tenere tutti i suoi giocatori sotto i trenta minuti di impiego, perché c’è anche una importantissima trasferta a Brescia da affrontare domenica prossima doppiata da un altro scontro diretto con Tortona tre giorni dopo che richiedono uomini freschi ed integri.
Rotazioni lunghissime e quintetti talvolta sorprendenti, come quello all Italian con aggregato il solo Jarrod Uthoff lasciato in campo per tantissimi minuti sia nel secondo che nel terzo quarto, rivelatosi sorprendentemente il migliore nella propria metà campo.
Ancora qualche amnesia difensiva da registrare specie nel chiudere con gli aiuti sul pick and roll degli avversari, ancora 90 punti incassati contro i bosniaci dopo i 100 di domenica scorsa a Treviso.
Ma se disponi di una macchina da canestri a tratti inarrestabile, almeno quando giochi contro Udine, Treviso o Igokea va bene così, in fin dei conti si chiama “palla” “a” “canestro” e la finalità è quella di segnarne uno più degli avversari.
Per limare gli ultimi aspetti che ancora non accennano a migliorare c’è ancora un po’ di tempo, invero non tantissimo in questo novembre rivelatore, ma i margini sono ampi e la squadra ora dimostra di volerli/saperli colmare.
E poi, francamente, forse è ora di accantonare la latinissima ossessione per le alchimie difensive per abbandonarsi (rassegnarsi?) a quello che il basket sta diventando in Europa ed è già da tempo negli Stati Uniti: un continuo esercizio di tiro lungo 40 minuti.
Intanto, contro l’Igokea a parlare sono le 12 palle recuperate che non possono che essere figlie di maggiore applicazione ed una maggiore, spiccata, propensione a partire in contropiede in due o anche tre giocatori dopo ogni rimbalzo difensivo catturato: entrambi aspetti del tutto assenti nelle prime quattro esibizioni ottobrine.
La costante di questo inizio di stagione non viene smentita nemmeno nella magica notte di Champions League: Trieste è abile nel subire una vagonata di falli, ben 27, che si traducono in una quantità abnorme di tiri liberi, frutto della continua ricerca del contatto non appena gli avversari raggiungono il bonus.
Sono ancora ben 35 i tentativi dalla lunetta, che fruttano 31 punti a cronometro fermo, in cui spicca l’8/8 realizzato da un Colbey Ross che così riscatta le 5 palle perse (su 9 complessive della squadra).
Vittoria del collettivo, sì, ma supportata dai soliti lampi di genio cestistico da parte di giocatori che grondano talento abbagliante, e finalmente non hanno timore di dimostrarlo.
Jami’us Ramsey è probabilmente il crack del mercato estivo in LBA, come peraltro ampiamente previsto da molti: in attacco è capace di dimostrare una superiorità fisica e tecnica che rasenta l’onnipotenza. Quando riesce a saltare l’uomo nell’uno contro uno, e ci riesce nove volte su dieci, arriva invariabilmente al ferro.
Però può colpire con continuità anche da oltre i 6,75, e ciò lo rende imprevedibile e pressoché immarcabile quasi per chiunque.
Se la sua religione gli permettesse anche di considerare il gioco nella sua metà campo, e se aggiungesse alle sue abilità quella del passaggio (magari nel più classico “penetra e scarica”) probabilmente il secondo “predicatore” della storia della Pallacanestro Trieste dopo Butch Taylor sarebbe già pronto ora per essere protagonista in Eurolega.
Non sorprende, invece, quanto JTA sia in grado di prendere la squadra per mano, trascinarla, incoraggiarla, guidarla nei momenti difficili ben oltre quello che racconta il tabellino.
Un tabellino che parla comunque chiaro, soprattutto alla voce “assist”: la sua ben nota capacità di mettere in ritmo i tiratori della squadra, da quando è finalmente sbocciata anche a Trieste, ha letteralmente cambiato il mood offensivo dei compagni, i quali sanno che posizionandosi nel giusto spot il pallone arriverà fra le loro mani con il giusto ritmo ed i tempi perfetti.
Juan Toscano Anderson si nutre dell’energia del palazzetto, che richiede in continuazione arringando il pubblico ed incoraggiando i compagni.
Il suo balbettante inizio di stagione è ormai un incubo da riporre ben chiuso nel più recondito dei cassetti: Tuco si è sbloccato, ed ora fermarlo diventa un problema. Per gli avversari.
Gioca un po’ meno di 20 minuti un Sissoko più nervoso del solito, del resto i bosniaci si affidano all’unica arma in loro possesso per limitarne lo strapotere fisico sotto canestro: lo picchiano dall’inizio alla fine venendo sanzionati raramente dal trio in celestino, anche se ciò tutto sommato non impedisce al totem maliano di mettere a segno la consueta doppia doppia da 12+11 condita da un 6/7 ai tiri liberi che non finisce di sorprendere.
Menzione d’onore per Davide Moretti: affrancato dai problemi fisici che lo assillano dalla fine della passata stagione, si dimostra quell’elemento capace di dare ordine, quello affidabile a cui assegni due compiti in attacco ed uno in difesa, e vieni ripagato con esecuzioni diligenti quanto perfette. 4 su 7 dal campo con tre triple e tre assist in 13 minuti: può essere quel giocatore che si alza dalla panchina a freddo e spezza la partita che Trieste ricercava da anni senza trovarlo.
E comunque chi nutriva dubbi sulla sua capacità di ritagliarsi minuti importanti dietro a Ross e Ruzzier sta ricevendo una eloquente risposta.
E’ indispensabile, però, che il Signore così spesso invocato dal suo compagno americano continui a tenere in gloria la sua caviglia.
Minuti importanti anche per Ruzzier (che però ha smesso di guardare il canestro: solo tre tiri per lui nella vendemmia con l’Igokea), Candussi -chiamato a sostituire Sissoko gravato presto da tre e poi quattro falli senza farlo troppo rimpiangere- ed un Deangeli che si danna l’anima in difesa, venendo ripagato nel suo sforzo dalla plateale approvazione del coaching staff.
Serata tranquilla per Colbey Ross e Jarrod Uthoff, il primo arruffone come al solito in attacco ma capace di spingere il contropiede e le transizioni secondarie nei 25 minuti di impiego, il secondo fondamentale soprattutto in difesa quando viene lasciato da solo in campo a ricoprire il ruolo di 4 e di 5 in assenza di Sissoko e Candussi (in quel ruolo manca tantissimo Jeff Brooks, ancora assente per il malanno al tendine d’Achille).
Anche l’uomo di Iowa è letale dalla lunetta, 5/5 realizzato con freddezza anche a differenza canestri ancora in bilico.
Chi sosteneva, e sono in molti, che le energie spese in Europa non valessero le conseguenti difficoltà in Serie A, è ampiamente servito: il club ed i singoli giocatori non intendono mollare di un centimetro, non intendono lasciare assolutamente nulla di intentato per provare a risalire la classifica e tentare di evitare l’eliminazione al primo turno.
Il furore e l’attenzione con i quali l’intera squadra si impadronisce con prepotenza da subito dell’inerzia della partita rimanendo in vantaggio per 40 minuti e poi, pur con la vittoria in pugno, va a raggiungere, superare e mantenere con ampio margine la differenza canestri a proprio favore con i bosniaci è il segnale più eloquente di quanto la Pallacanestro Trieste in tutte le sue componenti tenga a rimanere in Europa.
Da oggi, la trasferta ad Istanbul ed il finale di girone casalingo con il Wurzburg fanno un po’ meno paura.
(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna
5-11-2025 16:22
2-11-2025 11:29 Radio City Trieste – Official Page Radio City Trieste – Facebook Group
In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
NUTRIBULLET TREVISO – PALLACANESTRO TRIESTE 100-107
Nutribullet Treviso: Ragland 8, Abdur-Rahkman 10, Guerrini n.e., Torresani 0, Miaschi 12, Pinkins 20, Chillo 6, Guidolin n.e., Stephens 5, Pellegrino 0, Olisevicius 19, Spinazzè n.e. Coach: A. Rossi.
Pallacanestro Trieste: Toscano-Anderson 11, Ross 2, Deangeli n.e., Uthoff 5, Ruzzier 4, Sissoko 19, Candussi 9, Iannuzzi n.e., Browns 13, Brooks n.e., Moretti 10, Ramsey 34. Coach: I. Gonzalez. Assistenti: F. Nanni, F. Taccetti, N. Schlitzer.
Arbitri: M. Rossi, G. Pepponi, M. Catani.
Parziali: 30-25 / 54-58 // 77-92 / 100-107 Progressivi: 30-25 / 24-33 // 23-24 / 23-15TREVISO – 207 punti segnati in 40 minuti. Basterebbe questo per descrivere una partita nella quale gli attacchi fanno da assoluti protagonisti con difese distratte, a tratti assenti, spesso svagate e disattente.
Ciò nonostante, Trieste porta a casa due punti frutto in gran parte dello sconfinato talento offensivo diffuso di cui è dotata: 9 volte su dieci, in effetti, se subisci un centello in trasferta risulta poi pressoché impossibile uscirne vincitori. Ma se hai Ramsey e Sissoko, Brown e Candussi a colpire con continuità e puoi ruotarli nell’arco dei quaranta minuti con elementi che magari giocano una partita meno produttiva dal punto di vista offensivo ma sono in grado di mantenere costante l’efficienza complessiva, alla fine squadre come Treviso, dotate di un più che discreto primo quintetto ma anche di un backup di gran lunga meno competitivo, non possono che cedere alla distanza quando arrivano in riserva di energie e dunque di lucidità.
Ci sono alcune costanti che caratterizzano in negativo questo primo sprazzo di stagione biancorossa, e la trasferta a Treviso non fa eccezione.
Sono infatti nuovamente 30 i punti subiti nel solo primo quarto, esattamente la stessa quantità subita domenica scorsa contro Udine.
30 punti frutto di continue disattenzioni difensive, di giochi alto-basso di una semplicità disarmante che portano la NutriBullet a liberare un giocatore alle spalle del lungo triestino nel pitturato permettendogli di appoggiare incontrastato a canestro, di una vena clamorosa al tiro degli esterni di casa, Abdur-Rahkman e Ragland su tutti a cui si aggiunge per cinque minuti clamorosi anche Pinkins, lasciati però troppo spesso liberi di concludere piedi a terra con chilometri di spazio incontaminato davanti a loro, di troppi rimbalzi offensivi concessi che si trasformano invariabilmente in seconde chances quasi sempre sfruttate.
Ma se il piano di coach Rossi era quello di approfittare della svagatezza triestina nel backcourt per piazzare subito il solito break che i biancorossi subiscono regolarmente in apertura di partita dovendosi poi affannare per rincorrere e riagguantare gli avversari, i 30 punti realizzati dai suoi giocatori non sortiscono l’effetto sperato, perchè Trieste regge l’urto rimanendo in scia ed impedendo costantemente la fuga ad una Treviso sospinta dal suo pubblico.
Gli uomini di Gonzalez, a partire dal secondo quarto, alzano moderatamente i colpi in difesa ma soprattutto dispiegano nella sua interezza lo sterminato arsenale di cui dispongono nella metà campo avversaria.
Nel secondo e terzo quarto realizzano rispettivamente 33 e 34 punti ad un ritmo che Treviso, ad un certo punto, non può più reggere.
Aggiungiamoci il fatto che per la seconda partita consecutiva i biancorossi prevalgono a rimbalzo (specie quando in campo ad oscurare la vallata schierano il loro totem maliano) e comprendono quanto fatturato generi buttarsi in mezzo all’area per attaccare il ferro, arrivandoci o subendo nuovamente una marea di falli (23 in tutto) che fruttano la bellezza di 32 viaggi in lunetta e 24 punti a cronometro fermo, e si comprende come venga monetizzata con gli interessi l’evidente differenza di fisicità, rotazioni e talento che oggi separa i due roster come un canyon.
Trieste trova qualche lampo di classe sparso come il buzzer beater di Candussi alla fine del terzo quarto, un paio di conclusioni di JTA (che vengono compensate da almeno un paio di sue scelte rivedibili nel finale) aggiunto all’implacabile martellamento di Ramsey da ogni parte del campo in ognuno dei 27 minuti passati sul parquet.
Il massimo vantaggio di 15 punti accumulato quando mancano meno di dieci minuti al termine sarebbe più che sufficiente per decidere di rallentare il ritmo, ragionare e limitarsi ad amministrare con raziocinio il tesoretto chiudendo la contesa senza patemi, ma il raziocinio non è ancora parte dell’arsenale di cui sopra.
Trieste, nonostante riesca a sprecare gran parte del gap concedendo a giocatori e tifosi avversari di riaccendersi proprio quando gli uni e gli altri stavano già pensando in quale locale della Marca andare a concludere il loro sabato sera, ha però il merito di mantenere i nervi saldi, cercare di ragionare (molto meglio quando lo fa con Ruzzier e Moretti in campo) ribattere colpo su colpo in modo da mantenere costantemente fra i due ed i tre possessi di vantaggio e, soprattutto, togliere la possibilità ai migliori tiratori trevigiani di andare a concludere da tre, ultima risorsa a loro disposizione nel disperato tentativo di rientro che però li tradisce prima di riuscire a completare il semi miracolo.
I tiri tentati nella quarta frazione di gioco sono infatti frutto di “battesimo” da parte della difesa triestina oppure sono fortemente contrastati, e nelle rare occasioni in cui entrano lo fanno solo grazie al grande talento di Olisevicius e Abdur-Rakhman.
I pasticci commessi negli ultimi 25 secondi un po’ da tutti i biancorossi in campo sarebbero infine potuti costare carissimi nonostante i rassicuranti 7 punti di vantaggio, ma Treviso non ha più né le forze né la capacità di approfittarne, ed il punteggio non cambia più.
E’ sostanzialmente una vittoria di squadra, con un protagonista assoluto, un Ramsey da 34 punti, 38 di valutazione e quasi due punti realizzati per possesso, e nessun giocatore a superare i 30 minuti di impiego tranne Markel Brown (indispensabile in quanto unico in grado di contenere Ragland, tenuto a soli 8 punti ma autore di ben 14 assist che generano una quantità enorme di punti realizzati da altri), nonostante le rotazioni siano ancora limitate dalla perdurante -quanto misteriosa- assenza di un lugubre Jeff Brooks e l’esclusione tecnica di Deangeli e Iannuzzi.
Trieste risulta un rebus per la difesa di casa perché esprime protagonisti diversi nel corso dei 40 minuti, con il solo Colbey Ross veramente sottotono, tenuto in campo per soli 14 minuti anche perché Ruzzier (nonostante abbia smesso di guardare il canestro) ed un Moretti prossimo alla perfezione in molti dei compiti ai quali viene chiamato, guidano la squadra con molto più ordine ed anche perchè si autoesclude commettendo il quinto fallo già nel corso del terzo quarto.
In apertura è Markel Brown dalla sua mattonella dall’angolo ad evitare l’affondamento. Poi Toscano Anderson, Uthoff e lo stesso Moretti premono decisamente sull’acceleratore, successivamente si uniscono alla vendemmia anche Francesco Candussi ed un Mady Sissoko che per larghi tratti, specie quando gode di un accoppiamento evidentemente a lui congeniale con Stephens, sembra pervaso da un delirio di onnipotenza che gli frutta la seconda doppia doppia consecutiva da 19+11 e 28 di valutazione finale.
Sono due punti niente affatto banali conquistati contro un’avversaria che aveva l’indispensabile compito di sbloccarsi in classifica, che giocava a casa sua in un palazzetto notoriamente caldissimo e che, a ben guardare, arrivava a questa quinta partita esprimendo ranking migliori di Trieste in quasi tutte le principali voci statistiche nonostante il poco invidiabile record di 0-4.
Due punti che danno continuità di risultato sommandosi a quelli conquistati nel derby e che mostrano piccoli progressi difensivi nella seconda parte di gara oltre che una poderosa accelerata nell’efficienza offensiva.
Vittorie che danno morale e che, come tutte le vittorie, aiutano a vincere perchè innescano circoli virtuosi fatti di consapevolezza nei propri mezzi, ettolitri di dopamina (che notoriamente porta assuefazione), orgoglio e voglia di confermarsi.
Tutte pillole di energia che saranno indispensabili in un novembre se possibile ancora più impegnativo rispetto ad un ottobre terrificante, a partire dalla partita spartiacque in BCL contro i bosniaci dell’Igokea martedì prossimo in via Flavia, probabilmente ultimo treno per poter ancora sperare in una complicatissima qualificazione alla fase successiva.
(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna
28-10-2025 1:02 In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
PALLACANESTRO TRIESTE-A.P. UDINE 92-85 (26-30; 21-19, 24-24; 21-12)
PALLACANESTRO TRIESTE: Toscano Anderson 28, Ross 14, Deangeli 3, Uthoff 12, Ruzzier, Sissoko 16, Candussi 8, Iannuzzi, Brown 8, Brooks, Moretti, Ramsey 13. All. Gonzalez.
A.P. UDINE: Alibegovic 14, Spencer, Hickey 13, Pavan, Mekowulu 10, Da Ros. Bendzius 14, Brewton 10 III, Dawkins 5, Calzavara 8, Mizerniuk, Ikangi 11.
All. Vertemati.
ARBITRI: Lo Guzzo, Paglialunga, Capotorto.
TRIESTE – Sono sufficienti un paio di stoccate nel finale piazzate dagli uomini dotati di maggior classe, abbinate ad una difesa forsennata e finalmente degna di essere chiamata tale che impedisce sistematicamente all’APU di concludere come maggiormente preferisce, da oltre l’arco, per mettere in un angolo Udine quando più conta e trattenere a casa due punti che per la gran parte di questo derby parevano fortemente in bilico, se non saldamente nelle mani degli uomini di Vertemati.E’ ironico constatare come nella partita in cui Trieste torna a giocare di squadra sui due lati del campo riuscendo a ricucire uno svantaggio in doppia cifra, reggendo l’urto delle fiammate di Udine, reggendo anche nei momenti di maggiore sofferenza, a vincerla alla fine siano i suoi assi, che si mettono in proprio prendendosi responsabilità enormi.
Del resto Juan Toscano Anderson, Jami’us Ramsey, Mady Sissoko, Markel Brown e Jarrod Uthoff sono stati presi (o confermati) anche per questo.Sotto tali colpi Udine si disunisce, smarrisce la confidenza che ne aveva caratterizzato il resto della partita, si affida a conclusioni fuori ritmo negli ultimi secondi di azione, smette di catturare rimbalzi in attacco e, in ultima analisi, non ha la lucidità per pareggiare la furia agonistica con la quale Trieste chiude i conti, mettendo a referto solo 12 punti negli ultimi 10 minuti.
Merito anche al coaching staff, che si rende conto in tempo di quanto Hickey andasse a nozze negli accoppiamenti con Ruzzier e Ross: affidato alle “amorevoli” cure di Markel Brown e Toscano Anderson nel secondo tempo, la luce per il piccolo ex Cantù (grande protagonista della promozione friulana) si spegne completamente, e con essa quella della squadra.
Corsi e ricorsi storici: la tripla decisiva, quella scagliata da Markel Brown ad un minuto e mezzo dal termine che per la prima volta dona a Trieste due possessi di vantaggio che si riveleranno irrecuperabili, parte da una mattonella che a questa partita evidentemente porta bene ai i colori triestini…
Quello fra Trieste ed Udine è un derby che, alla fine dei conti, fa quello che deve fare il derby: incerto ed intensissimo, emozionante e ricco di ribaltamenti di punteggio, con l’inerzia che passa di mano almeno quattro volte in quaranta minuti.
Di certo agli oltre 6000 accorsi per assistere -e far parte- di uno spettacolo che ha pochissimi eguali in Italia non è concesso un momento di tregua: una partita che è un rollecoaster di emozioni che vanno dalla frustrazione alla speranza, dall’esaltazione alla delusione, dal nervosismo all’ansia, dalla rassegnazione all’esaltazione. Confronto sugli spalti limitato a sporadici quanto inevitabili veterosfottò, ma quello fra triestini e friulani è un scontro a distanza sostanzialmente corretto, ognuno a pensare soprattutto a spingere i propri giocatori piuttosto che insultare gli avversari.
Coreografia iniziale decisamente da brividi, con seimila bandierine biancorosse a fare da cornice alle effigi degli sponsor che hanno legato la loro immagine al club nel corso degli ultimi cinquant’anni sul tappeto sonoro steso dai Giardini di Marzo di Lucio Battisti, canzone che parla di amore, di ricordi e del tempo che passa: una storia d’amore, quella fra la Pallacanestro Trieste ed il suo pubblico, che attraversa i decenni e -fra alti e bassi- non accenna a dare segni di crisi.
La prima palla a due, però, non sembra costituire un elemento di rottura rispetto al recente passato della squadra.
Pochi minuti di equilibrio, poi una difesa ancora inaspettatamente distratta permette agli ospiti, trascinati da un ispirato Hickey, di piazzare il tristemente consueto break. Un 10-0 che coincide con l’uscita di Ruzzier e l’entrata di un Colbey Ross arruffone in attacco e costantemente sotto scacco in difesa.
“E’ un caso” chiosa Gonzalez in sala stampa “che il 10-0 di Udine sia arrivato con l’ingresso in campo di Colbey non vuol dire che sia colpa sua, piuttosto è la squadra che ha difeso male sul pick and roll per più azioni consecutive”.
Che sia o no un caso il -10 di plus/minus fatto registrare dal play americano nei secondi cinque minuti del primo quarto, la sostanza è la medesima: è la solita Pallacanestro Trieste dell’avvio di ogni partita in questa stagione, distratta sul lato debole, incapace di accorrere in aiuto per contrastare le penetrazioni di ogni giocatore avversario capace di battere in uno contro uno il suo difensore, incapace di imporsi a rimbalzo anche in difesa.
Trenta punti subiti in dieci minuti da una squadra che ha sicuramente tanti punti potenziali nelle mani e che tira tantissimo, ma che a livello di talento individuale e fisicità si pone almeno un paio di livelli più in basso rispetto a Trieste, sono decisamente troppi e costituiscono una costante che si ripete con monotona ineluttabilità. Proprio quando il copione sembra il solito, aggravato oltretutto da un Ramsey per la prima volta fuori dal match, autore di due inusuali quanto clamorosi air ball da oltre l’arco, è il protagonista più atteso della stagione (ed uno fra i più attesi in Serie A) a ricordarsi di possedere un arsenale di classe, potenza fisica, autorevolezza, credibilità e talento capaci di far svoltare qualunque partita al di qua dell’oceano.
Juan Toscano Anderson è preciso da fuori, schiaccia, cattura rimbalzi, è l’uomo dell’ultimo passaggio, penetra con continuità caricando Udine di falli, spazza via dal campo Brewton oscurandone la vallata da oltre l’arco difendendo costantemente a gambe piegate e mani addosso quando serve.
Ma, al di là delle percentuali e delle statistiche, a cambiare il match è piuttosto quello che non si legge sul suo tabellino: l’ex Warrior trascina e rincuora i compagni, infiamma il pubblico, esalta e si esalta anche dalla panchina, cattura l’inerzia della partita e la rimette in mani triestine.
Finirà con una doppia doppia da 18+10 conditi da 4 assist e 24 di valutazione.
Nessuna novità, invece sotto canestro: Mady Sissoko, per usare le parole di Mike Arcieri, è un rookie che si comporta da killer, tanto sorridente e amichevole fuori dal campo tanto feroce e determinato quando combatte nel pitturato, per non contare quando riesce a viaggiare sopra il ferro. 7 su 8 al tiro per un giocatore che rischia concretamente di rivelarsi la miglior presa triestina nel mercato estivo.
Quando il pacchetto di lunghi avversari abbassa decisamente il tasso di talento (Spencer e Mekowulu daranno anche discreta fisicità sotto canestro, ma a livello di qualità tecnica e di capacità di rivelarsi terminali credibili nel pick and roll sembrano oggettivamente sotto media nella categoria) il lungo maliano può sedersi tranquillo in panchina a rifiatare: Candussi e Uthoff riescono abbastanza agevolmente a reggere il colpo nel reparto, oltretutto entrambi sono potenzialmente letali anche da oltre l’arco ed hanno dunque l’effetto di attrarre i lunghi di Udine lontano dall’area liberandola per le penetrazioni di Ramsey.
Il risultato è evidente: per la prima volta in sette partite Trieste prevale a rimbalzo (e lo fa anche piuttosto nettamente: 44-35, con ancora troppi rimbalzi concessi in attacco agli avversari, ben 13, decisamente troppi).
Lampi di classe risolutivi nel finale ma finalmente coralità nella prestazione: sono cinque gli uomini in doppia cifra con rotazioni molto più asciutte rispetto alle prime partite della stagione.
Del resto, l’assenza di impegni infrasettimanali per la prima volta nel mese di ottobre permette a Gonzalez di poter utilizzare in modo intensivo coloro che ritiene più affidabili, dando a Lodo Deangeli solo cinque minuti di sostanza ed impiegando Candussi e Ruzzier 10 e 13 minuti (tutti e tre, però, portatori sani di sacro fuoco da derby).
Per gli altri, impegno che sfiora o supera di poco i trenta minuti, con gerarchie che per la prima volta sembrano nettamente delineate: il fatturato generato da tale scelta è piuttosto evidente, anche se l’esclusione Davide Moretti (a dire il vero non nel miglior momento di forma di questo primo scorcio di stagione) e la perdurante assenza di Jeff Brooks -nessun comunicato in merito, come di consueto, alla terza partita seduto- non potranno essere sostenute a lungo quando l’impegno europeo riaccenderà i motori.
Ancora tanti, ed evidenti, gli angoli da smussare. Se la difesa, almeno in questa partita, batte un colpo soprattutto quando più conta, manca però totalmente di continuità nell’arco dei quaranta minuti: sono ancora troppe le amnesie ed i “buchi” negli aiuti quando si subisce un pick and roll o quando i piccoli avversari si gettano verso il ferro.
Troppe, ancora una volta anche le palle perse (13, meno del solito ma frutto di una ingenuità che non appartiene al background cestistico di questi giocatori), così come le seconde e terze chances concesse in attacco agli avversari.
La squadra dà il suo meglio in attacco, come del resto ampiamente previsto, quando riesce ad andare a concludere entro i primi dieci – quindici secondi di azione, a maggior ragione se riesce a stendersi in contropiede, come finalmente accaduto con continuità contro Udine.
Pericolosità che declina in modo evidente ad ogni secondo che passa verso il ventiquattresimo: quando deve ragionare, la squadra si fa prendere da frenesia e pecca pesantemente di organizzazione. Aspetto sul quale, però, si può lavorare in allenamento, specie ora che c’è alle porte un tesoro di cinque interi giorni da sfruttare al PalaTrieste.
Continua a pagare, invece, la scelta di martellare la difesa avversaria con continue penetrazioni dei migliori tiratori di liberi, che porta in dote una quantità abnorme di falli commessi dall’avversaria, bonus raggiunti velocemente ed una valanga di tiri liberi a disposizione: contro Udine sono ben 32 i viaggi in lunetta (contro 17), sfruttati nel 75% dei casi: in ultima analisi, un quarto dei punti realizzati arriva dalla linea della carità, costante che, nel bene e nel male, non può che rivelarsi decisiva.
Potremmo analizzare scout ed scansionare percentuali ancora a lungo, ma è evidente che l’importanza di questa partita, al di là della qualità della prestazione, risiedeva quasi interamente nel risultato.
In un momento di depressione ed incertezza, con voci incontrollate su sedicenti spaccature nello spogliatoio, le ultime due partite giocate con una intensità insufficiente ed a tratti inaccettabile, i primi dubbi a gravare sulle spalle del coach e le prime Cassandre a sputare veleno su tutto e tutti, vincere la partita più attesa dell’anno, dimostrando, al contrario, coesione e grandissima determinazione, motivazione e sostegno anche da chi sta in panchina (particolare scontato ma raramente osservato in questa stagione) potrebbe costituire un punto di svolta almeno dal punto di vista psicologico e porta in dote una dilazione del credito concesso dai tifosi nonostante tutto.
Una sorta di click mentale su consapevolezza dei propri mezzi e morale che potrebbe davvero costituire un game changer sulla strada del perfezionamento di un progetto che andrà avanti, possiamo starne certi, cose com’è.
A patto di dare, per la prima volta, continuità ai risultati: il terzo derby consecutivo, sabato prossimo al Palaverde sul campo di una squadra ancora alla ricerca di sé stessa sembra l’occasione giusta per riuscirci. Ma, una volta riconquistato un briciolo di serenità, sarà necessario aggiungere anche costanza di rendimento nei quaranta minuti, forse l’elemento maggiormente assente nella ripida salita in cui si è trasformata questa prima parte di stagione.
(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna
26-10-2025 23:52
26-10-2025 0:28 In collaborazione con Pallamano Trieste 1970 – articolo di Alessandro Asta – addetto stampa Pallamano Trieste 1970
Probabilmente la Pallamano Trieste 1970 più solida di questo inizio campionato batte nettamente il Publiesse Chiaravalle, tornando alla vittoria dopo il buon pari di Conversano.
Al palasport di Chiarbola, a eccezione dei primi cinque minuti di partita, va in scena un match che la formazione di Andrea Carpanese comanda in lungo e in largo, per un netto 30-23 finale che rilancia le quotazioni giuliane in serie A Gold.Chiaravalle parte meglio in avvio, con tanta velocità e con i due Cuello a segnare il momentaneo 0-2 rintuzzato al 2’ da Lindström.
Trieste non riesce in questa primissima fase del match a contenere le sfuriate offensive dei marchigiani, che continuano a tenere la testa avanti sul 3-5 dell’8’, è ancora Lindström a trovare gli spazi giusti per bucare Sampaolo e per inanellare il pari a quota 5 un minuto più tardi.
Cambia praticamente nei minuti seguenti, con i biancorossi a mordere in difesa e a trovare in seconda fase i gol di Esparon e Parisato per il primo vantaggio interno del match (7-6), i marchigiani continuano a sbagliare in attacco e il due minuti fischiato al 14’ a Miri fa ulteriormente il gioco dei padroni di casa, che incrementano il gap sul sette metri siglato da Esparon e la doppietta di Pauloni (11-7).
Il buon momento biancorosso prosegue al 21’, sul +5 di Lindström, il Publiesse si sblocca con Hammouda ma Trieste resta sul pezzo, dando spazio e minuti a Urbaz, Sandrin, Vanoli e Andreotta.
È 18-10 alla prima sirena (tris di Esparon nel finale), con il Chiaravalle in affanno a sbattere sull’ordinata difesa di casa e con i giuliani a comandare nettamente all’intervallo.
I padroni di casa provano a prendersi ancora più inerzia rientrando dagli spogliatoi: doppietta di Pujol, parate importanti di Garcia e un ulteriore due minuti ospite sanzionato a Miri confezionano un nuovo +8 al 35’ (20-12).
Il Publiesse si innervosisce (espulsione temporanea anche a Sampaolo per proteste) e per il Trieste c’è da gestire il buon vantaggio accumulato: nonostante il cartellino blu sanzionato a Vanoli al 40’ che tiene i padroni di casa con un uomo in meno, la doppietta di Pujol mantiene i giuliani abbondantemente avanti sul 23-14, che diventa doppia cifra di vantaggio con un ulteriore uno-due del centrale spagnolo (25-15 a un quarto d’ora dalla fine).
Ancora le belle respinte di Garcia tra i pali biancorossi blindano con largo anticipo il ritorno alla vittoria, col 26-16 al 48’ che è solo da gestire.
C’è gloria anche per Postogna in porta e per il gol del giovane Ganz nell’ultimo minuto di gara.
PALLAMANO TRIESTE 1970 30 – PUBLIESSE CHIARAVALLE 23 (p.t. 18-10)
PALLAMANO TRIESTE 1970: Garcia, Postogna, Ganz 1, Mazzarol, Antonutti, Pernic, Urbaz, Pujol 11, Parisato 1, Lo Duca, Andreotta, Pauloni 2, Lindström 5, Vanoli, Sandrin, Esparon 10. All. Carpanese
PUBLIESSE CHIARAVALLE: Sanchez, Vichi, D’Benedetto 4, Francelli 3, Hammouda 1, Di Domenico 1, Capatina 1, Solustri 2, Sampaolo, F. Cuello 4, Ballabio, Santinelli, Araujo, Altomonte 1, J. Cuello 6, Miri. All. Guidotti
Arbitri: Fato e Guardini
(foto di Ervin Skalamera)
Alessandro Asta (Addetto Stampa Pallamano Trieste 1970)
|